Il titolo di cui sopra non ha la pretesa di un saggio storico artistico. In realtà vorrei proporre solo alcune pillole di bellezza scultorea che potrebbero benissimo essere adottate come esercizio dialettico e retorico per guide abilitate nelle due provincie. Oltretutto ciò di cui voglio parlare può essere visitato da un qualsiasi turista che, facendo i pochi chilometri che separano la cattedrale di Pisa da quella di Lucca, volesse osservare alcuni dettagli di due altari, opere superbe dei due artisti in questione. Il riferimento è rispettivamente all’altare di San Biagio di Stagio Stagi posto nella parete est del transetto sinistro della cattedrale pisana e quello di San Regolo, posto sempre nella parete est del tranetto sinistro ma questa volta della cattedrale lucchese.
Dopo le alterne vicende politico militari che nello scorcio del quattrocento avevano duramente provato le ormai residue forze della gloriosa repubblica marinara, la cattedrale pisana si accingeva ad un sostanziale ammodernamento di parte degli antichi e numerosissimi altari che ricoprivano in modo disomogeneo le pareti dell’edificio. Fu incaricato nel 1485 a questo scopo, lo scultore ed architetto lucchese Matteo Civitali, al quale vennero commissionati la bellezza di ben ventidue altari. Civitali però non portò mai a termine la commissione, riuscendo ad elaborare solo un altare e alcuni pezzi marmorei, ora il tutto ricomposto e custodito nel museo della cattedrale. Ciò fu presumibilmente dovuto all’inasprimento dei rapporti fra Lucca e Firenze che culminarono con la caduta militare di Pisa. Lucca era geograficamente accerchiata. Tuttavia anche dopo questi tragici avvenimenti, il gusto classico di impianto quasi archeologico lasciato in eredità dal Civitali ad una schiera di scultori attivi fra Lucca, Pietrasanta e Carrara, aveva evidentemente lasciato il segno. E’ infatti su questo modo che guarda all’ “antico” ma già di impronta manierista, che si affacciano proprio in questa cattedrale nei primi anni venti del cinquecento, le personalità artistiche del fiorentino Pandolfo Fancelli e del pietrasantino Stagio Stagi. Il primo sperimentale altare che elaboreranno assieme in vista della realizzazione dei successivi è proprio quello che ci interessa: l’altare di San Biagio, protettore della gola (e quindi lo eleggerei ad onorem patrono delle guide turistiche !) e patrono guarda caso di Pietrasanta.
Di dimensioni relativamente piccole rispetto ad altri esempi coevi, l’altare si caratterizza oltre che per le complesse ma armoniche forme geometriche rinascimentali, soprattutto per la notevole qualità delle decorazioni a grottesche e l’eleganza delle figure. I dettagli degli intrecci dei fogliami con figure simboliche che alludono alla passione di Cristo ed altre zoomorfe riportate nell’opera con certosina perizia , rendono i candidi marmi vibranti di infinite curiosità dove l’occhio dell’osservatore quasi si perde. Ma il dettaglio dove più che in altri il mio occhio è rimasto sorpreso, è quello dove le braccia tese dei due angeli posti al di sopra della nicchia dove si trova il Santo, emergono in un virtuosismo oserei dire “neoclassico”, degno precursore di un Canova. Le braccia infatti sono l’elemento catalizzante di questa parte del monumento, poichè nella loro estensione verso il centro in misura sproporzionata, sembrano quasi emergere delicatamente con il loro bassissimo rilievo da un marmo paragonabile al latte.
Facciamo ora un balzo a Lucca. L’altare dedicato a San Regolo di Matteo Civitali si impone per monumentalità rispetto agli altri presenti in chiesa. L’ opera realizzata negli anni ottanta del quattrocento, a detta dei critici, portò l’artista lucchese alla notorietà come scultore capace di cimentarsi con impianti monumentali complessi ed articolati. Qui infatti si fonde in senso verticale la sapiente conoscenza dell’architetto classico con l’ineguagliabile perizia del ritrattista di figure e narratore di storie. La parte superiore dell’altare sa di monumento sepolclare con l’effige del Santo steso e affiancato dai classici putti reggi torcia. La parte inferiore invece si ricompone in un altare con una predella che ha nello scorrere delle storie del santo incorniciate in pochi riquadri quasi dell’incredibile in tema di modernità rinascimentale e freschezza narrativa. Vorrei qui far notare gli interni di palazzi d’epoca, come nella scena dell’offerta della testa del Battista al banchetto dove il menestrello quasi fa sentire la sua musica, il nano (assoluto protagonista con il cagnolino ai piedi ricorda un precursore del Morgante fiorentino) che assiste al martirio di San Sebastiano, ed il carnefice in secondo piano che ricorda col cappello con la piuma e la balestra un novello Guglielmo Tell.
Due opere estremamente diverse nella composizione e nel contesto nel quale si trovano, ma comunque assolute protagoniste, e non comprimarie, di un epoca e di aree geografiche contigue.
Gabriele Calabrese
Leggo tutto quello che scrivi con molto interesse. Non si finisce mai d’imparare.
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