E’ proprio vero che dei lavori che siano stati iniziati senza vederne mai la fine , si dica: “Sembrano quelli della fabbrica della cattedrale; lavorano, lavorano e non finiscono mai !”. E’ proprio così, almeno per la Cattedrale di San Martino a Lucca possiamo parlare di working in progress. Per costruirla ci sono voluti quasi 500 anni ed ora, per restaurarla e rifarle il maquillage, i ponteggi sono stati allestiti per l’ennesima volta.
Tuttavia l’inizio dei lavori di sola ripulitura risalgono solo (si fa per dire) al 2003. Questi fanno parte di un restauro globale che ha coinvolto tutta la chiesa. I restauri sono partiti, in un primo momento, dalla cappella di San Regolo presso la zona absidale. Questa prima area di interventi sono stati di natura sperimentale e hanno dato la possibilità alla locale Soprintendenza e ai restauratori, di fare saggi di prova in modo tale da poter pianificare e affinare i tempi, le modalità e i costi dei successivi interventi. Motivo di orgoglio per la Soprintendenza è stato scegliere 18 ditte di restauri tutte del territorio lucchese. Ciò ha ancor più legato la storia dell’edificio al territorio e alla società locale, così come avveniva nel medioevo. La fine dei lavori di ripulitura è prevista alla fine dei prossimi due anni. I ponteggi vengono montati e smontati man mano che i lavori procedono dall’abside verso la facciata; ecco perchè oggi vediamo l’altare così vicino all’ingresso della chiesa. Quando i lavori saranno prossimi alla facciata, il clero non potrà celebrare la sue normali funzioni liturgiche, e le celebrazioni saranno probabilmente spostate nella chiesa urbana di San Frediano, seconda per capienza ed importanza fra le chiese ancora consacrate ed in buono stato della città. Tutti i lavori sono stati pagati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Il transetto nord, interessato da lavori di consolidamento, ha invece lavori indipendenti che vengono pagati dal ministero dei beni culturali. La zona absidale è già stata restaurata e oggi riluce di nuovo splendore e bellezza. Il restauro ha coinvolto anche i monumenti lapidei risalenti alla metà del quattrocento, ed in particolare quelli compiuti dal maestro lucchese rinascimentale Matteo Civitali, in vista della stupenda mostra a lui dedicata che si è tenuta nel 2004. . Quando si è messo mano alla ripulitura delle volte presso l’altare maggiore, i problemi di conservazione degli affreschi erano molteplici. Infatti questi risalivano a varie epoche e mani distinte a causa dei rastauri già avvenuti in epoca ottocentesca. Nel 1854, quando Lucca era da poco entrata a far parte del gran ducato di Toscana, la moda purista che imperversava a quel tempo,in particolare nelle persone degli artisti lucchesi Ridolfi (padre) ed Enrico Ridolfi (figlio), rischiavano di cancellare totalmente gli affreschi tardo quattrocenteschi che necessitavano solo di una rinfrescata. Fortunatamente l’opposizione del parere di abili restauratori fiorentini come il Pozzali, evitarono la distruzione totale di questi. Furono abilmente sostituiti in toto solo gli affreschi relativi alla volta sopra l’altare che erano gravemente compromessi. Con l’ausilio di impalcature aeree sostenute da travi che utilizzavano le antiche buche pontaie di costruzione, il Pozzali restaurava nel 1856 le volte della navata centrale e quelle laterali.
Altra grande opera di restauro è stata quella del catino absidale barocco con trionfo di santi, compiuto nel 1681 dai pittori lucchesi Coli e Gherardi. Grazie al restauro si sono ravvivati i colori e si è scoperta la vena barocca di questi affreschi rinvenendo anche il tentativo (forse poi abortito) di creare degli effetti a rilievo grazie astucchi aggettanti. Si veda la macchia di non finito ai piedi di un angelo che denota uno di questi tentativi. Nel complesso però tutti coloro che nel succedersi dei secoli operarono in questa area, ebbero come fine quello di creare una decorazione omogenea che non entrasse in contrasto stilistico con le ristrutturazioni precedenti, ma al contrario si legassero sia cromaticamente che formalmente fra di loro. Valga come esempio la creazione da parte del Civitali sullo scorcio del quattrocento, la messa in opera di finestroni, sopra le volte dei transetti, di gusto ancora gotico. Durante la ripulitura delle pareti è stato inoltre restaurato e messo in evidenza un affresco del 1570 opera del Ghirlanda, raffigurante San Pantaleone, cointestatario della Cattedrale assieme a San Martino. Altro resturo di grande effetto è stato compiuto nella Cappella del Sacramento. Questa, già ideata alla fine del quattrocento da Matteo Civitali, fu continuata sia nel seicento che nell’ ottocento sovrapponendo via via, sia stili scultorei che affreschi di varie epoche. Qui si ammirano i due angeli scolpiti in un sol blocco opera di Matteo Civitali. Il soffitto si deve invece al pittore Lucchese Tofanelli, che nell’ottocento con grande maestria inserì finte statue a monocromo su un fondo verde pastello.
La Grande opera di restauro però, riguarda tuttora le superfici murarie in calcare bianco di Santa Maria del Giudice. Tutta l’opera di ripulitura è stata effettuata a mano con acqua distillata su tamponi. Là dove i muri si erano anneriti a causa del grasso delle candele che per secoli hanno illuminato la cattedrale, si è dovuto usare anche carbonato di ammonio. Dove invece sono avvenute infiltrazioni di acqua con presenza di calcare negli interstizi delle pietre, si è usato il bisturi. I lavori da compiere sono ancora molti e riguarderanno una superficie di più di 13.000 metri quadri. La fine dei lavori è prevista fra circa due anni.
Gabriele Calabrese
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