Strano titolo. Cosa c’entrano i monumenti con gli animali? C’entrano, c’entrano eccome. Ma prima un doveroso preambolo.
Ora più che mai, costretti dalla pandemia virale nelle nostre case a saziarci gli occhi e lo spirito con le immagini che ci provengono dall’esterno grazie agli Smart Devices, stiamo notando quanto la natura stia riprendendosi i propri spazi e gli animali, in mezzo ad essa, stiano riprendendo i propri innati comportamenti.
Foto di papere che in fila ordinata attraversano, indenni, le strisce pedonali, daini accovacciati in mezzo alle autostrade, lupi che si avvicinano quanto mai prima ai luoghi abitati dagli uomini. La lista è infinita. La primavera, poi, che, come se non bastasse, ci mette del suo. Mai come in questi giorni ci dona cieli tersi ed incontaminati. Le api e le farfalle nonché le prime rondini vi disegnano fantasiose acrobazie. Prendono il posto delle strisce vaporose degli aeroplani che ormai non volano più da tanto da darmi una sensazione di tempo biblico, se penso all’ultimo aviogetto che ho visto in cielo.
I più perfidi direbbero che è la rivincita di Greta Thumberg.
Non c’è dubbio che la giovanissima attivista impegnata a sensibilizzare il mondo sui problemi della sostenibilità e della natura ci ha messo del suo a far cambiare la nostra percezione su questi temi. Comunque sia, il fatto è che oggi guardiamo il nostro cagnolino “Fido ” o la nostra gattina “Mao” con occhi diversi . È stato un processo lungo millenni. È cominciato dalle grotte affrescate con cacce preistoriche di Altamira. Si è passati poi per le divinità animali egizie e si è proseguito con la poesia omerica dove Argo, il fido cane di Ulisse, aspetta il suo padrone sino all’ultimo respiro, per arrivare infine alla stravolgente (Darwin si è certamente rivoltato nella tomba) e quanto mai divertente umanizzazione animale di Walt Disney con i suoi indimenticabili cartoni animati.
Ed ecco allora che non ci si deve sorprendere né scandalizzare se, accanto ad un tempio della memoria musicale ed uno della musica, quali rispettivamente la villa ed il teatro di Torre del Lago Puccini, si trovi, a poca distanza dalla raffigurazione del sommo Maestro, la statua in bronzo di un cane amico del popolo locale (opera di Giovanni Vettori): l’indimenticato Pippo.
La lapide posta alla base della statua bronzea che lo raffigura così lo ricorda:
“ Pippo cane senza padrone dal mantello marrone
e dagli occhi dorati colmi di dolori antichi e di una pace
ritrovata. Visse circa 20 anni sul belvedere Puccini.
Comparso nel 1977 con una profonda ferita da arma da fuoco sulla schiena seppe perdonare e conservare fiducia negli uomini.
Adottato dalla gente del lago non compì gesta
straordinarie ma insegnò a tutti il vero significato
di bontà, perdono, amicizia e libertà.
Prigioniero come ogni essere mortale nella rete della
vita e del tempo testimoniò la magia di un esistenza
pienamente vissuta con dignità e coerenza
alla propria natura.
Una storia d’amore reciproca
tra l’uomo e l’amico cane
Torre del lago dicembre 2008”
Chi visiterà questo luogo noterà che, paradossalmente, la lapide marmorea posta a suo tempo sulla casa di Giacomo Puccini a meno dieci metri di distanza, usa accenti assai meno toccanti e celebrativi di quelli qui incisi per il semplice e mansueto, popolare e democratico quadrupede Pippo.
Tuttavia, l’amore e la conseguente celebrazione monumentale statuaria degli animali cosiddetti da compagnia, deve essere per i Viareggini una consuetudine o una naturale vocazione.
Infatti, basterà spostarsi qualche chilometro da Torre del lago a Viareggio e raggiungere il punto dove la passeggiata lungomare incontra il canale Burlamacca nei pressi di una passerella sul molo.
Per i viareggini è un luogo del cuore. E questo infatti il luogo dove da anni i pescatori e le loro mogli vendono al dettaglio il loro pescato appena sbarcato dai pescherecci.
Ai cultori dell’arte figurativa unire Viareggio e la sua immagine al mare vuol dire ricordare un solo nome fra tutti: Lorenzo Viani. Pittore, scultore, grande disegnatore e incisore dei primi del Novecento, seppe raffigurare con accenti veristici la rassegnata disperazione della povera gente di mare che là abitava. La statua in bronzo che raffigura e ricorda l’artista si trova proprio qui, a pochi passi, verso il mare. Ma sempre qui, ancora più vicino ai pescherecci e ai venditori ambulanti di pesce, si trova “Ettore”, o meglio, la sua raffigurazione in bronzo con una sardina in bocca (opera di Giuseppe Del Debbio). Chi è Ettore? Se qualcuno ricorda Romeo quello che si definiva “er meio der colosseo” degli “Aristogatti” di Disneiana memoria, non ci va molto lontano. Ettore era “il più meglio gatto … della fia !” del molo viareggino.
Anche qui lo testimonia la piccola statua accanto ad un palo della luce , assai più stilizzata, vivace e simpatica di quella del buon cane Pippo. Qui un cartello ricorda il felino in maniera concisa e senza tanta enfasi, esprimendo comunque sicuro affetto e gratitudine: “Ettore, il gatto dei pescatori”.
C’è arte in queste due singolari spontanee testimonianze scultoree di amore e di affetto per questi esseri che condividono con noi l’esistenza terrena? Io dico di sì. Molto di più che in tanti pezzi di marmo, di legno e di bronzo dimenticati forse in un angolo di qualche cortile. Creati forse, sì, dalla mente dell’uomo speculativo, da un “artista “, ma tuttavia non impregnati dal quel sentimento e da quella memoria dell’uomo che li rende unici, importanti. Quindi, viva Pippo e viva Ettore, i portabandiera di molti loro simili che certamente e a buon titolo non verranno dimenticati da chi ha goduto della loro compagnia o del loro aiuto con reciproco rispetto e amore.
Gabriele