Il primo giorno Dio disse: ” Sia la luce” e la luce fu . Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina”.
Da quel giorno, secondo l’antico testamento, gli esseri viventi e fra questi noi umani, possiamo distinguere sotto la luce del sole la natura di ciò che ci circonda. La notte invece, con il calar delle tenebre, tutto si fa più indistinto e si ammanta di mistero. Esiste tuttavia un altra modalità per oltrepassare anche di giorno la soglia fra la luce e le tenebre: scendere nel sottosuolo. Qui la luce stenta a filtrare e può essere riprodotta solo artificialmente. La letteratura gotica, il cinema noir o di avventura , da sempre ed ancor di più ai nostri giorni, si avvalgono di questa condizione per amplificare le paure e sondare alcuni aspetti psicologici più reconditi del nostro essere umano. Seguendo questo filone, programi televisivi di tipo documentaristico, portano il telespettatore a visitare, i luoghi più improbabili e inaccessibili al grande pubblico. Nelle più famose ed affollate capitali del mondo fogne, catacombe, tunnel, bunker militari dismessi, cripte e caveau di banche inaccessibili, fanno da sfondo a queste brevi ma intense avventure. I capostipiti di questi novelli eroi li ricordiamo nei panni di Dracula il vampiro, i miserabili di Victor Hugo e per spostarsi dall’Europa ad un eroe del “nuovo mondo”, chi non ricorda nelle catacombe di Venezia infestate dai topi, l’ormai mitico Indiana Jones, diretto magistralmente da Steven Spilberg.
Fin qui siamo solo spettatori di un gioco che fa delle immagini virtuali vissute con coraggio da altre persone la trasposizione delle nostre fantasie. Forse a qualcuno sembrerà incredibile, ma molte di queste situazioni le possiamo vivere anche noi qui in Toscana, a Lucca, senza peraltro farci catapultare da una capitale ad un altra e soprattutto senza rischiare la pelle o infezioni letali.
Esiste infatti una Lucca sotterranea o underground piena di fascino ed in parte anche di mistero che potremmo visitare in escursioni guidate ed in alcuni casi anche individualmente. Avventuriamoci quindi fra questi luoghi reconditi pieni di storie da scoprire.
Mi è capitato più di una volta di sentirmi fermare in piazza San Giovanni e Reparata da un turista un pò sperduto fra la monumentalità delle tante chiese cittadine e sentirmi chiedere: “Scusi ma la Cattedrale qual’è ? Credevo fosse San Michele e mi sbagliavo. Ora sono di fronte a due chiese è non so dove andare. Ma quante chiese avete in questa città ?”. Per una risposta esauriente ci vorrebbe tempo e una delle nostre brave guide turistiche. Non avendo però molto tempo da dedicare all’amico turista, taglio corto e con il dito indico sullo sfondo della strada che si apre più in là in un’altra piazza, la Cattedrale di San Martino. Eppure a due passi da noi, l’amico turista, non immagina neppure lontanamente che proprio lì, sotto i nostri piedi vi sono, non una, ma ben tre cattedrali e persino una domus romana.
L’interno della chiesa battesimale di San Giovanni conserva infatti nel suo sottosuolo, stratificate ma ancora visibili, le testimonianze archeologiche della storia più antica di questa città. All’interno della chiesa chiusa al culto, pagando un biglieto d’ingresso, basta fare qualche passo e notiamo subito che il moderno pavimento in cotto oscilla sotto i piedi. Eh già, perchè sotto la grande basilica c’è il vuoto. Scendiamo i gradini di una scaletta in ferro e sprofondiamo in pochi attimi in una dimensione fuori dal tempo. La luce si fa immediatamente tenue. A destra e a sinistra, seguendo un percorso indicato da una passerella, affiorano le vestigia di antichi sepolcri longobardi che si alternano a basamenti di colonne ioniche e corinzie. Quà e là si notano pezzi di preziosi mosaici pavimentali romani. L’atmosfera è senza dubbio intrigante e lo diventa ancora di più quando, oltrepassati i muri che indicano il luogo della antica “schola cantorum” (il recinto del presbiterio dove i chierici e i religiosi pregavano cantando), appaiono sull’intonaco del muro degli misteriosi graffiti. Una testa mozzata che viene trasportata in volo da due angeli si affianca alla raffigurazione di due soldati armati di scudo e spada sguainata. E’ la storia tragica di S. Reparata, la fanciulla dodicenne martire di Cesarea in Palestina la quale, dopo molte torture di vario tipo, fu uccisa con un colpo di clava, per altri invece le fu mozzata la testa ed il corpo mandato alla deriva su di una barca. Questa approdò a Nizza (altri invece per giustificare la presenza di un santuario a lei dedicato vogliono che il corpo sia giunto in Campania a Teano) e solo gli angeli in volo la ricongiunsero, post mortem, miracolosamente con la sua testa. Una storia fantastica, ma che la dice lunga su quanto ai nostri giorni racconti di mozzatori di teste vampiresche o eroi alla Highlander, debbano molto dei loro successi grazie a queste primitive storie di eroi ed eroine della prima cristianità . Poco oltre vi sono i resti della fornace usata per la fusione del metallo per gli strumenti necessari impiegati nell’edificazione della basilica superiore. Tornati alla superficie, uno sguardo dall’alto degli scavi ricompone in una visione d’insieme quanto abbiamo scoperto più in basso. I resti degli antichi fonti battesimali fanno da elemento speculare alla sensazionale ed ardita volta trecentesca della cupola che li sovrasta. C’è chi pensa che Brunelleschi non abbia potuto esimersi di studiare la volta.
A Lucca le chiese certo non mancano. Il rifulgere dei loro marmi che ostentano la volontà di riecheggiare una “imago Romae”, è presente in molte delle facciate che qui, forse più che in altri luoghi, per questo motivo si possono definire a giusto nome romaniche. Ciò che invece si sono perse per le naturali ristrutturazioni e per i cambiamenti liturgici avvenuti nel tempo, sono le loro cripte, quasi tutte ormai interrate e quindi non accessibili. La chiesa di San Frediano però, ha una carta inconsueta da mostrare al nostro novello aspirante Indiana Jones. Questa, forse più delle altre, conserva nella sua struttura lapidea e nei suoi elementi decorativi (si veda come esempio l’enorme mosaico dorato in facciata o le colonne interne di recupero) l’aspirazione a divenire la congiunzione ideale fra Lucca e la volontà di primato della chiesa di Roma. Una Basilica stratificatasi su se stessa sin dalla prima pietra posta nel VI sec. dal Santo Vescovo Frediano, dal quale prende il nome. E sono proprio queste prime pietre che il nostro novello eroe potrebbe vedere se avesse il coraggio di rivolgersi al sacrestano o allo stesso parroco. Quest’ultima operazione è la più rischiosa. Gli umori dei parroci, si sa, spesso non vanno di pari passo con il coraggio e l’ardimento di un esploratore. Anche perchè i punti di vista su l’utilizzo e la funzione dell’edificio sacro sono spesso opposti. Quindi sempre meglio affidarsi preventivamente ad una buona guida Turislucca, che con giorni di anticipo, sprezzante del pericolo, pianificherà la cosa rischiando del suo.
Appena entrati nella chiesa, una croce bianca itarsiata nel pavimento di cotto e una griglia, segnano il punto esatto. La griglia si apre, scendiamo i pochi scalini e ci rendiamo conto di essere all’interno di una struttura semplice e di dimensioni ridotte. Una “porziuncola” la potremo definire “francescanamente” parlando. Uno spazio esiguo degno però di un uomo grande, Frediano, che per le sue indubbie capacità umane ma anche tecnologiche per il suo tempo, estese la sua fama oltre i confini, non solo di questa piccola chiesetta, ma anche della sua città. Divenne infatti un testimone di fede evangelica e gli furono attribuite capacità di bonifica dei terreni inondati dalle piene dei fiumi (si ricorda la miracolosa deviazione del tumultuoso fiume Serchio) per l’interà comunità Toscana. Oggi uno dei più popolosi e tradizionali quartieri di Firenze prende il suo nome.
Usciti dalla chiesa, non possiamo perdere l’occasione di fare quattro passi sui bastioni delle mura rinascimentali che si trovano proprio dietro l’abside. Una volta salita la breve rampa, lo spettacolo è dei più suggestivi. Dalla parte interna delle mura l’elegante scenografia barocca del giardino di Palazzo Pfanner e poco più in là, dalla piattaforma San Frediano, si domina con un sol sguardo una larga parte delle cortine e degli spalti erbosi delle mura. Già, le mura con i suoi 11 baluardi difensivi. Sopra i lucchesi vi passeggiano da sempre: ma sotto ? Non lontano da dove ci troviamo abbiamo la possibilità di visitare “il sotto”. Cioè la parte sotteranea dei verdi bastioni dove i ragazzi, le coppiette, i pensionati o gli sportivi passano piacevoli momenti sereni. Il baluardo San Martino è l’unico visitabile sin all’interno delle sue oscure viscere, almeno sino ad oggi. Un enorme portone che di notte viene chiuso, posto all’interno delle mura sotto l’omonima casermetta di guardia , dà l’accesso a questo antro tenebroso. Una galleria di notevoli dimensioni introduce il visitatore, quasi sempre intimorito dall’oscurità e dall’ignoto che gli propone innanzi. La poca e fioca luce filtra solo dai radi pozzi di areazione del baluardo sovrastante. Dopo una ventina di metri si apre attorno ad un massiccio pilastro di sostegno, una ampia stanza un tempo luogo di ricovero per cavalli e soldati. Sulla destra un tunnel scavato nella porzione del fortezza più antica, porta alle cannoniere dette troniere. Qui, con la fantasia, sembra di sentire ancora il frastuono delle possenti artiglierie in bronzo, il crepitio dei moschetti e di scorgere il fumo acre della polvere da sparo. In un angolo, uno stretto cunicolo detto sortita, avrebbe permesso ai soldati in caso di assedio, di sferrare rapidi ed efficaci contrattacchi . Scendendo ci si ritrova infatti all’aria aperta subito all’esterno delle mura, ma coperti da una sporgenza del baluardo. Bellissima esperienza che consiglio specialmente ai cultori della storia militare. Oggi, ahimè, a volte invece la notte queste cannoniere sono frequentate dai moderni cultori dell’occulto. Ma su questo punto preferirei sorvolare.
Se volessimo però conoscere altri luoghi sotterranei di Lucca, non dovremmo in fondo fare molta strada. I visitatori della città, sia quelli più esperti, sia i turisti occasionali, prima o poi desiderano fare una capatina nei pressi di quello che fu l’antico anfiteatro romano. Piazza dell’anfitatro un tempo piazza del mercato. Anche qui, appena entrati, la sensazione al primo impatto è di armonia e di respiro. In un sol colpo l’occhio abbraccia l’intero ciclo degli edifici che, alternando i propri tetti di varia misura, formano uniti gli uni agli altri l’intera piazza. Si sappia però che questo luogo un tempo non fu solo un circo per i divertimenti o un mercato. Per scoprirlo dobbiamo entrare in uno dei piccoli negozi che furono qui ideati dall’architetto Nottolini nella prima metà del XIX secolo.
Entriamo chiedendo cortesemente il permesso di visitare il negozio. Osando un pò di più è possibile chiedere se si può visitare lo scantinato. Se si è fortunati di trovare un gestore ospitale, il godimento è assicurato. Lo “scantinato” in realtà altro non è che ciò che rimane degli accessi o delle prigioni dell’antico anfiteatro romano. Ciò che colpisce di più l’occhio del fortunato vistatore, sono le volte dei tunnel perfettamente conservate in laterizi sin dall’antichità. Sorprende inoltre il costatare di persona la perizia tecnica usata dai romani nell’uso sapiente dell’alternanza di materiali quali il marmo e il cotto.
Se pur ci sembrerà, a questo punto, di sentire in lontananza la eco del ruggito di un leone, tendendo ancora di più l’orecchio scopriremo che tale ruggito forse proviene dallo stomaco del compagno o della compagna di avventure. Cosa allora è meglio di un buon sorso di vino , per preparare lo stomaco alla vera battaglia che sarà quella del pranzo o della cena ?
Spinti da questo miraggio che sa di aperitivo, ci spostiamo senza indugio in quel di Piazza della Misericordia, meglio conosciuta dai locali (e non solo) come Piazza della Pupporona. Il procace nomignolo si deve infatti alla statua di Venere posta sopra la fontana della piazza che magnanimemente sin dagli anni trenta dell’Ottocento, elargisce acqua salubre che sgorga naturalmente dai Monti Pisani (che in realtà son lucchesi!). V’è da precisare in vero, che è possibile scorgere nella dea parzialmente discinta solo una piccola porzione di un seno tutt’altro che giunonico, viste le piccole dimensioni. Ma tantè e non ci lamentiamo; per i lucchesi del tempo fu già un bel vedere ! Ma il vino ? Sinora si è parlato solo di acqua ! Nessun timore. L’antro di Bacco è proprio là dove meno uno se lo aspetta. La piccola bottega Vanni straripante di bottiglie di vino è il segno del traguardo ormai prossimo. Un gentile invito da parte dei proprietari (i Vanni) a scendere le scale e… l’oscurità e una flebile luce soffusa ci illumina il cammino di una cantina pochi minuti prima non immaginabile. Corridoi tappezzati di pregiate bottiglie d’annata provenienti in gran parte da ogni angolo della Toscana e del Piemonte si snodano senza un limite apparente lungo le gallerie sotterranee. In una di queste si possono addirittura notare le vasche che nel medioevo servivano a tinteggiare le preziose stoffe di seta lucchesi. Qua è là negli angoli si notano probabili reperti marmorei e metallici reliquie di dimore patrizie romane. Sopra un tavolo una bottiglia di un buon rosso selezionato dai Vanni. Lo schiocco della bottiglia stappata e finalmente sorseggiamo meritatamente, al termine del tenebroso itinerario, un nettare che ci riconcilia con la vita in questo mondo spesso oscuro. Al termine, forse anche un pò alticci ma felici, risaliamo all’aria aperta e se per caso la notte avesse già fatto capolino, dopo tanto vagare per luoghi oscuri, ci sarà senz’altro buona amica tanto da esclamare: “…tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.”
Gabriele Calabrese
P. S. In questo scritto ho volutamente tralasciato altri luoghi particolarmente affascinanti, sui quali però ho già scritto come “Lucca il vizio e l’amore profano” , oppure “La porta romana orientale”.
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