Quando si arriva a Borgo a Mozzano non si può che rimanere affascinati dal ponte della Maddalena, detto del diavolo. Con la sua leggendaria origine e la sua forma, che testimonia una grande intuizione creativa, è la porta di accesso alla valle. Esistono diversi ponti del diavolo in giro per tutta Europa ognuno con la propria leggenda, spesso legata alle credenze locali.
In passato i ponti erano cosa assai rara e quando congiungevano rive di fiumi molto ampi o quando avevano forme ardite suscitavano stupore e la convinzione che non potessero essere opera soltanto umana.
Questo accadeva sin dai tempi dei romani quando Giulio Cesare fece costruite un ponte di legno sul Reno, che poi distrusse. I Germani smisero di fare incursioni in Gallia per diverso tempo perché un esercito in grado di compiere una tale opera non era da sottovalutare.
I ponti del diavolo, costruiti in gran parte nel medioevo, sono generalmente in muratura o pietra e realizzati con una tecnologia avanzata per il periodo di realizzazione. Questi ponti hanno la cosiddetta forma a schiena d’asino caratterizzata da un arco a tutto sesto il più ampio possibile per collegare le due sponde opposte del fiume, questo fa automaticamente aumentare anche l’altezza dell’arco stesso.
A Borgo a Mozzano l’arco principale ha un’altezza di 36,8 metri. Fin dall’antichità il territorio di Borgo a Mozzano fu un importante nodo stradale per mercanti, avventurieri, pellegrini che attraversavano un territorio pieno di imprevisti e difficoltà. Per permettere una migliore percorribilità del territorio, nel Medioevo, a Borgo a Mozzano, fu costruito un ponte per collegare le due sponde del fiume Serchio. La tradizione attribuisce la costruzione di un primo ponte a Matilde di Canossa ma non esistono documenti a riguardo. Fino al seconda metà del XIX secolo, sull’ultimo pilastro del ponte, si segnalava la presenza di una lapide sulla quale era riportata la data 1101, il periodo di Matilde di Canossa. La data era scritta in cifre arabe e questo ci testimonia che non poteva trattarsi di una lapide originale del XII secolo dato che nel 1101 venivano ancora utilizzati soltanto i numeri romani.
Notizie più certe si hanno dai biografi di Castruccio Castacani degli Anterminelli che nel periodo tra il 1324 e il 1327 fece costruire diversi ponti sul Serchio, tra i quali, probabilmente anche quello a Borgo a Mozzano. E’ verosimile che che la realizzazione del ponte si sia svolta in momenti diversi da parte di diversi costruttori.
Costruire sul fiume non fu certamente facile ed è probabile che il corso del Serchio sia stato deviato prima su di un lato e poi sull’altro del suo letto per permettere la costruzione del ponte. Nel Medioevo la sicurezza era un grande problema e spesso i ponti non venivano costruiti soltanto in pietra avevano anche una parte in legno per permetterne la veloce distruzione in caso di attacchi nemici. Questo ha fatto pensare che anche il ponte di Borgo a Mozzano, inizialmente, avesse non solo una parte in muratura ma anche una parte in legno solo successivamente modificata realizzando un ponte interamente in pietra.
I pilastri del ponte poggiano sugli unici punti dove il fiume presente una base rocciosa sufficientemente solida, forse questo è il motivo per la diversa ampiezza degli archi. La domanda che ricorre frequentemente è: chi può, in tempi così lontani, aver costruito questo maestoso ponte? La risposta è……..il diavolo naturalmente!
La leggenda ha diverse varianti e la più accreditata racconta che San Giuliano, probabilmente san Giuliano l’ospitaliere protettore dei viaggiatori vissuto nel VI secolo, mentre stava costruendo il ponte si trovò in difficoltà. Accettò quindi l’aiuto del diavolo che promise di ultimare la costruzione del ponte in una sola notte ma ad una condizione: avrebbe avuto l’ anima del primo essere che ci sarebbe passato sopra. Il santo accettò l’accordo e al termine del lavoro san Giuliano, allettandolo col cibo, fece passare sul ponte un cane ed il diavolo fu costretto a prendersi la sua anima.
La storia termina con il diavolo che, inferocito per la beffa, si getta giù dal ponte nelle acque del Serchio e non facendosi rivedere mai più.
Nel 1526, sul lato sinistro del ponte fu eretto un romitorio dedicato a santa Maddalena, motivo per il quale, ancora oggi, il ponte si chiama ponte della Maddalena.
Alla fine del XIX secolo il direttore capo della linea ferrata Lucca-Aulla comunicò al consiglio comunale di Borgo a Mozzano che sarebbe stato necessario sacrificare l’unica opera storica e leggendaria sul territorio per il ben pubblico cioè permettere l’alterazione della linea armonica originale del ponte sulla parte destra del fiume per consentire il passaggio della ferrovia. Nonostante esistesse già un precedente progetto per far passare la linea ferroviaria sulla riva sinistra del fiume, da Anchiano, il consigli comunale approvò la richiesta dal direttore capo della linea ferroviaria Lucca-Aulla con quindici voti favorevoli e sei contrari. Il 15 luglio 1898 fu quindi inaugurato il tratto ferroviario Borgo a Mozzano-Bagni di Lucca. Sebastiano de Navasques scrisse: “Ed ora questo ponte, ricco di antiche memorie, e unico sul nostro fiume, che avesse conservata la primitiva sua costruzione così bella e nella sua stranezza così grandiosa, questo ponte meraviglioso, che le piene del nostro fiume rispettarono, quasi inchinandosi alla sua maestosità e alla sua vecchia età, oggi la mano dell’uomo deturpa e abbatte. L’ultimo arco sulla destra de fiume è stato riempito e smantellato, il terrapieno è stato rialzato, perché sotto di esso possa passare la vaporiera, messaggio per quelle popolazioni di benessere materiale, demolitrice oggi, in quel luogo, della più grande opera d’arte che unica e sola esisteva sul nostro fiume”.
Nel 1948 poi, a poca distanza dal ponte, lungo il corso del fiume verso Lucca, fu costruita una diga creando un bacino artificiale nell’area del ponte.
Nel corso dei secoli molti artisti hanno raccontato o raffigurato il ponte del diavolo di Borgo a Mozzano con stampe, pitture, acqueforti, xilografie e sculture. La prima stampa risale al 1521 ed è opera del pittore fiammingo Hendrik Van Cleve. Nel 1581 abbiamo la citazione letteraria di Michel de Montaigne nel suo Journal de Voyage, scritto per documentare il suo viaggio in Italia. Attraversò il ponte durante il suo soggiorno a Bagni di Lucca dove rimase per settantaquattro giorni a curarsi il mal di pietra, così, ai tempi, veniva definita la patologia dei calcoli renali. Montaigne che era più interessato all’essere umano e raramente dava valutazioni su opere da esso costruite, quando vide il ponte di Borgo a Mozzano, ne rimase affascinato definendolo: “di inusitata altezza che abbracciava con un altissimo arco una grande larghezza del detto fiume: ponti di tale fatta ne vedemmo tre o quattro”.
Il ponte del diavolo nei secoli ha resistito ad innumerevoli piene come quella del 1982 quando le acque del fiume arrivarono a chiudere tutti gli archi minori del ponte.
Il ponte è sopravvissuto miracolosamente anche alla seconda guerra mondiale. Nonostante fosse stato minato dai tedeschi, in ritirata verso la linea settentrionale della Linea Gotica in alta Garfagnana, non lo fecero brillare. Per gli eserciti alleati il ponte del diavolo fu utile per portare materiale sull’altro lato del fiume e costruire cosi un ponte militare Bailey a poche decine di metri in direzione Chifenti e far passare così il grosso delle truppe e dei mezzi che non poterono passare dal ponte Pari perché era stato fatto saltare. Alla fine del conflitto, prima della ricostruzione del ponte Pari, il ponte del diavolo rimase per anni l’unico passaggio sul Serchio a Borgo a Mozzano.
Ancora oggi le origini del ponte del diavolo sono avvolte nel mistero tra leggende e storia.
Il ponte del diavolo unisce il passato e il presente della comunità di Borgo a Mozzano ed è uno dei suoi simboli più amati.
testo realizzato per Comune di Borgo a Mozzano