Questa mattina ho ricevuto una bellissima lettera da una cliente americana. Una delle molte turiste e turisti che guido giornalmente in questo periodo a Lucca. Nella lettera dichiarava che la mia descrizione della città aveva avuto un così forte impatto su di lei da essersi innamorata a prima vista di Lucca. Aveva così deciso di affittare un appartamento nel centro storico per tutto il mese di Febbario 2016.
Credo sia comprensibile a tutti che una lettera così particolare generi, per chi la riceve, una forte autostima. Tuttavia, a mente fredda, credo sia utile scendere dal piedistallo. “Bocce ferme e pallino al centro” dicono i giocatori di biliardo quando la partita è finita e si richiede nuova concentrazione per affrontare la prossima che dovrà risultare vincente. La stessa lettera induce infatti a riflettere su cosa comporta in termine di conseguenze la promozione diretta di una guida turistica per una piccola città storica come Lucca.
Anzitutto dobbiamo estendere questo concetto per tutte le città toscane con caretteristiche simili a Lucca ponendoci il ragionevole e fondato dubbio che, come il sottoscritto, molti altri miei colleghi compiano in maniera efficace la stessa opera di divulgazione e promozione del proprio territorio e invoglino, più o meno consapevolmente, molti dei loro clienti a soggiornare in Toscana nei periodi di bassa stagione.
La domanda che ora si impone è la seguente: cosa possiamo offrire, nello specifico a Lucca, ad un turista che decide di soggiornare per l’intero mese di Febbraio ? Due anni fa avevo scritto poche righe riguardo l’altra Lucca, quella invernale. A questo punto però, dobbiamo ammettere che oggi avviene, da parte di un cittadino locale, una innaturale dicotomia mentale. Da una parte si pensa ad una Lucca estiva, sia per i turisti che per i cittadini, piena di così tanti eventi musicali, culturali, gastronomici e folklorici, da non sapere come seguirli tutti. Dall’altra si pensa ad una città invernale completamente svuotata di tutto e di tutti dove solo qualche sporadico residente passeggia infreddolito per le strade e dove anche le poche botteghe di verdurai o macellai rimasti all’interno delle mura non sanno a chi vendere la propria merce. Altro che prodotti a chilometro 0 ! Una città quindi che in questo modo, almeno apparentemente, tende a perdere buona parte del suo charmes e appeal. Sembrerebbe, quindi che la promozione fatta a parole dalle grandi istituzioni e nei fatti quaotidiani dalle guide, sia una promozione vana. Anche il mio amico Rick Steves (da queste parti con una discutibile scelta dal frasario giornalistico lo definiscono il Guru del turismo americano) afferma che non vale la pena spendere soldi per promuovere la stagione invernale nei confronti dei nord americani.
Tuttavia non dobbiamo scoraggiarci. A conforto di quanto dico mi tornano alla mente le stimolanti considerazioni che mi rivolgeva negli ultimi tempi il mio caro professore di architettura Roberto Mannocci, presidente locale di Italia Nostra, purtroppo recentemente scomparso. Mentre io gli parlavo dell’Alta Stagione, lui mi invitava a considerare le potenzialità “dell’Altra Stagione“. La possibilità quindi di poter godere a pieno delle bellezze architettoniche di questa città stratificatasi nel tempo ma capace di offrire perle rare di bellezza e di genialità nostrana a tutti coloro che fossero stati incoraggiati a viverla nel periodo invernale. Una Lucca più intima e meno chiassosa, meno colorata e meno becera. Una Lucca fatta per palati fini. Nell’altra Lucca vi si potrebbe trovare la possibilità di ascoltare concerti di varia natura, in una città dove la musica ha rappresentato la linfa vitale in ogni suo tempo ed in particolare negli inverni dei carnevali. Quei viaggiatori buongustai (non più turisti) , scoprirebbero e rivitalizzerebbero con la loro permanenza luoghi quasi nascosti, accoglienti e ricchi di fascino. Lo shopping sarebbe forse più rivolto a beni di “altro valore” e di minor consumo come ad esempio l’antiquariato. I viaggiatori invernali troverebbero poi la possibilità di gustare i frutti culinari dell’inverno, di cui il professore era particolarmente ghiotto. Quest’ultimi, a cominciare dall’olio sopraffino, certo non mancano nella campagna della lucchesia. Tirando le somme dobbiamo però non solo riflettere su tutto questo ma, a mio parere, agire quanto prima . Lo impongono i fatti. La città deve vivere e deve vivere anche in inverno. E ciò deve avvenire non tanto per i turisti ma grazie anche ai turisti. Turismo che diventa quindi non solo sotenibile ma esso stesso stimolo alla rivitalizzazione complementare di una città che altrimenti rischia di svuotarsi di servizi e contenuti, minima condizione necessaria e sufficiente a dare un senso alla sua stessa esistenza.
Gabriele Calabrese