Alcuni anni fa mia figlia ancora alle elmentari, mi fece una domanda che solleticò immediatamente la mia innata curiosità di guida turistica. “ Babbo, ma se è vero che le mura di Lucca sono così vecchie, gli alberi che sono piantati sopra, sono più vecchi del nonno e ancora più della nonnina che ha già 93 anni ? “. Ed allora le risposi : “Non tutti gli alberi che sono sulle mura superano la loro bella età. Alcuni però, pochi oramai, sono addirittura così vecchi che neanche la mamma della nonnina li ha visti piantare”. Una risposta breve ma che ebbe per reazione una richiesa chiara e ineludibile da parte di Angelica: “ Me li fai vedere ?”. Ecco quindi che mi trovai su due piedi a dover elaborare un itinerario che prevedesse la visita ai più antichi alberi, non solo delle mura ma anche quelli all’esterno della città.
Poiché per deformazione professionale sono abituato ad iniziare molti dei miei itinerari da Piazzale Verdi dove converge la maggiornaza dei turisti, abbiamo cominciato il tour con le nostre biciclette prendendo la rampa che sale dalla vecchia porta San Donato verso l’omonimo baluardo.
Pochi metri e ho fatto notare, a metà salita sulla destra, un grande tronco di un antico olmo.
Le ho spiegato che questo è l’ultimo olmo centenario vivente. Sulle mura se ne trovavavano molti altri, ma purtroppo una malattia specifica di questa pianta li ha fatti sparire tutti. L’ultimo testimone di ciò che avvenne in almeno due secoli intorno a lui. Se potessero parlare, chissà quante storie ci racconterebbero gli alberi . E’ ancora viva nella mia memoria la figura di un uomo anziano ed elegante che incontravo spesso con il suo bastone sulle mura e sembrava che ogni tanto fermandosi parlasse agli alberi. Si chiamava Mario Tobino. Diceva che gli alberi delle mura non erano semplici vegetali, ma le anime dei lucchesi. Questi che avevano amato così tanto la propria città e queste belle mura erano ancora lì, testimoni del loro passato. Al che mia figlia mi disse. “Allora questi sono veramente i nostri antichi nonni !” “Si, in un certo senso lo sono”. L’olmo certamente aveva visto gli squadroni di cavalleria che sullo scorcio del 1800, uscendo dalla cavallerizza ideata dall’architetto Nottolini, si esercitavano coi loro bei cavalli, nell’ampio piazzale antistante. Purtroppo ha visto anche crescere nella stessa piazza, detta poi della rimembranza, anche tanti piccoli lecci, uno accanto all’altro come tanti piccoli fratelli, ognuno dei quali portava il nome di un soldato morto sul fronte del nord Italia nella guerra 1915/1918.
Ma lasciando questi malinconici ricordi, proseguiamo sbiciclettando sulle cortine delle mura sino a raggiungere il castello di porta San Pietro. Poco oltre la tettoia della porta, sulla sinistra, fa bella mostra di se un grande platano circondato dagli alberi dei tulipani. Si nota per le sue ragguardevoli dimensioni. “Sai Angelica che io questo albero lo visto in culla quando era piccino piccino, quasi appena nato “ “Babbo non è possibile che sia cresciuto così in fretta per diventare così grande”. Infatti l’avevo visto in una rara fotografia pubblicata sul libro di G. Bedini “ Lucca: spazio e tempo dall’ ottocento ad oggi”. Appare piccolo, gracile e smilzo assieme ad altri platani appena messi a dimora, circondato però da bambini e mamme di quei tempi che passavano gioiosamente alcune ore serene sulle mura che sono oggi come allora il giardino di tutti. Proseguiamo la nostra passeggiata e scendiamo a visitare il luogo che per sua natura e missione conserva piante di ogni genere: L’orto botanico.
Fondato nel 1820 nell’appezzamento di terra denominato sino a quel tempo “piaggia romana” noto anche per essere stato il luogo dove si giocava al calcio e ancor più noto grazie ad alcune leggende popolari fra le qiali quella della bella e dannata Lucida Mansi.Qui oltre ad alberi di sequoia di notevoli proporzioni, troviamo forse il più antico albero lucchese. Il “patriarca” del giardino è un eccezionale cedro del libano, piantato nel 1822 ed ha più di 6m di circonferenza. Pochi anni fa vi fu il rischio di perderlo. Dopo una notte di nubifragi, il terreno cedevole non consentiva alle radici di sorreggere il peso dell’enorme chioma dell’albero. Al che, questo aveva cominciato a pendere con le stesse modalità di quanto era accaduto molti secoli prima alla più famosa torre pendente di Pisa. E come per la torre, l’ingegno degli operatori e dei dirigenti del comune di Lucca, ha fatto si che si provvedesse a stabilizzarlo con una serie di cavi tiranti ed enormi contrappesi che hanno messo in sicurezza l’antico cedro, si spera, ancora per molti anni.
Vi sono altri esempi in città di alberi degni di rispetto per la loro vetustà, come un antico tasso centenario a villa Bottini presso il ninfeo o la bella ed ampia magnolia all’interno di quello che fu il conservatorio Pacini, oggi scuola elementare Pascoli. Quante note di grandi musicisti come Puccini ed altri ancora ha accompagnato o ispirato questo albero. Quanti momenti di serena allegria di migliaia di bambini ha visto ed ancora vede, nell’ora della ricreazione .
Comunque, dopo alcuni giorni, approfittando di una bella giornata di sole, ho pensato di continuare il mio itinerario fuori dalle mura nella campagna lucchese. La prima idea fu quella di portare la bimba a fare una passeggiata a qualche chilometro di distanza sulla via pesciatina nella direzione di Montecarlo. Fermata l’auto a Fontana Nuova, presso Gragnano, si imbocca una strada che dopo un breve tratto diventa sterrata. Bordeggiando in leggera salita poggi di olivi, si continua lungo l’ampia strada acciottolata verso San Martino in Colle.
Durante il percorso si attraversa un tratto di bosco dove una luce quasi magica filtra dai rami fronzuti degli alberi. Ad un certo punto, come d’incanto, eccola; è lei. La grande quercia che si estende maestosa coi suoi rami a coprire la circonferenza incredibile di 37 metri ed una altezza di 22 . Si dice abbia più di cinquecento anni. Certo è che più persone che si tengono per mano non riescono ad abbracciarla. “E’ la quercia delle streghe” Sussurro con voce sommessa a mia figlia. Con ancora in mente fantastici racconti dei suoi nuovi eroi come Harry Potter, lei drizza subito le orecchie. “ Le streghe ?” . Si dice infatti che fosse sui lunghi e comodi rami di questa quercia che si riunissero le streghe nelle notti di luna piena per fare il loro Sabbah discutendo di magia e sortilegi. Al di là delle leggende di maghe o di streghe, anche questa bellezza di albero ne deve aver viste di tutti i colori. Forse era solo un piccola ghianda quando nel 1369 involontariamente fu pressata sotto terra dal piede di un fante delle truppe imperiali al seguito di carlo IV di Boemia. Finalmente era prossimo a raggiungere il castello di Vivinaia, tirare un sospiro di solievo e bersi un buon bicchiere del bianco tanto celebrato della zona. Forse era già cresciutella quando altre truppe fiorentine strapparono la fortezza, ora gia denominata di Montecarlo, ai lucchesi tenendola in seguito per secoli.
Chissà ? Certo è che la grande quercia mi ha visto anni or sono, quando ero un giovane come tanti, venire sin qui sul mio motorino Ciao in compagnia della mia ragazza, allegro, spensierato a contemplare i suoi lunghi rami e a parlare di futuro. Ma questo non le chiedo di ricordarlo alla mia bimba, che certamente avrà anche lei occasioni da domani di diventare una delle sue migliori e segrete amiche.
Gabriele Calabrese