Titolo lunghino, ma rende ciò che è accaduto qualche giorno fa proprio qui nella “serenissima” e paciosa ex repubblica di Lucca. Un team cinese composto da imprenditori, sales managers, architetti, interior designers e interprete, mi si sono presentati chiedendomi espressamente di poter visitare Ville lucchesi e toscane, con il preciso intento di poterle riprodurre a Shanghai in un enorme appezzamento di terra nella zona residenziale della città. Ero convinto di trovarmi al cospetto di professionisti con un bagaglio culturale architettonico europeo quantomeno sufficiente a distinguere, non tanto la villa di tipologia medicea da quella lucchese, ma quantomeno un castello della Loira da una villa Italiana. Dopo aver introdotto storicamente la città e le vicende che hanno portato i mercanti lucchesi a costruire ville nella campagna, sono rimasto totalmente disorientato quando mi hanno chiesto di fermare il bus per fotografare le ville liberty che circondano l’anello delle mura cittadine lungo la circonvallazione. La domanda diretta è stata: ” ma queste sono ville italiane ? E di che epoca sono? Che differenza c’è fra queste, le ville toscane e le case degli italiani ? ” Panico! Da dove dovevo cominciare, o meglio, ricominciare ? Dopo una corretta ma sintetica risposta ho proseguto il tour decidendo di mostrare la trasformazione in chiave moderna di una di queste ville. Villa Guinigi sulle colline di Matraia. Esempio classico di villa lucchese nella sua sobria architettura rinascimentale fatta di pietra arenaria e intonaco chiaro. Più che l’esterno, il design interno spregiudicatamente moderno, ha riscosso consensi unanimi. Solo l’architetto dell’esterior design appariva, più che pensieroso, direi abbacchiato. In uno dei casali esterni ristrutturati è poi esploso un acceso dibattito. Alla vista di un muro che presentava un riquadro dove veniva mostrata la stratificazione di pietre e mattoni che costituivano l’originale struttura muraria, fra tre degli esperti devono essere volate parole grosse a giudicare dalle espressioni mimiche delle loro faccie e dai suoni sibilanti della lingua mandarina. Mi è stato poi spiegato che la difficoltà stava, non tanto nel riprodurre quell’effetto, ma piuttosto nel giustificarne la ragione o l’utilità ad un ricco compratore cinese completamente a digiuno della storia italiana, toscana, e delle realtive stratificazioni architettoniche e culturali. Per loro quello appariva solo un muro non finito a regola d’arte. Problemi grossi, non c’è che dire. Al termine di un numero imprecisato di visite a ville e dimore d’epoca, la ciliegina è arrivata quando mi hanno chiesto supplichevoli di poter visitare sapete cosa? l’interno di casa mia! Il garbato ma deciso rifiuto che ha fatto seguito a questa corale richiesta ha posto fine alla gita di istruzione e al mio contatto con la Cina in terra di Toscana. A questo punto da operatore culturale turistico quale mi reputo di essere, la domanda sorge spontanea. Quale futuro, guardando verso est, per il turismo incoming del futuro ?
Gabriele