Una mia collega, Federica Severino, alcuni anni fa, con notevole intuito e capacità, organizzò una serie di piacevoli viste guidate per le strade di Lucca che avevano per titolo: “I Santi all’uscio”. Si trattava di visitare angoli nascosti della città dove la devozione popolare per i Santi si era concretizzata in affreschi, dipinti, sculture di varie epoche che rispondevano alle esigenze di devozione più disparate. Un argomento interessante, già studiato da molti peraltro, tuttavia meritevole di essere riproposto anche in questa sede.
Va comunque sottolineato che su tutte le immagini di culto emerge la figura di Maria, madre protettrice del genere umano, madre di tutte le madri, madre di tutti i nostri figli.
Il culto mariano a Lucca è forte sin dal medioevo come in molte altre città italiane. Lo dimostrano non solo le immagini ad affresco o su tavola conservate nelle chiese o nei musei cittadini,o le edicole agli angoli delle strade ma anche e sopratutto la dedicazione di importanti chiese medioevali urbane risalenti al XII secolo come Santa Maria Bianca e Santa Maria Nera.
Nella quotidianetà, tuttavia, il gesto più comune di un segno di croce o l’orazione appena usciti di casa ( L’ave Maria )di fronte alla edicola sacra del quartiere era, sin quasi ai giorni nostri, pratica comune ed anzi dovuta. Sino ai primi del novecento appariva “diverso e blasfemo” chi, passando di fronte a una di queste immagini, non si fosse fermato per inchinarsi o farsi come detto il segno della croce. In questo senso appare esemplare il divertente aneddoto che racconta nel suo diario il tedesco Georgh Cristoph Martini, pittore di qualità e notevole arguzia vissuto a Lucca ai primi del settecento. Egli racconta di quando fu preso addirittura per uno stregone da un semplice contadino solo perchè,lui protestante, incrociando una marginetta con la Madonna, non si era inchinato a pregare come tutti gli altri presenti.
Detto questo, anche il più distratto turista, noterà all’interno delle mura cittadina, non solo la notevole quantità di queste immagini “minori” ma sopratutto l’indubbia qualità di alcuni di questi manufatti. Si pensi ad esempio ad alcune Madonne di terracotta che oggi, alcune di queste attribuite alla scuola di Donatello altre a quella di Matteo Civitali, fanno bella mostra di se al Museo Nazionale di Villa Guinigi. Queste prima di essere spostate, si trovavano sopra le porte di accesso di corti private. Mi è capitato, con mia grande sorpresa, di trovarne alcune ancora in loco, ma pochi lo sanno. Si veda ad esempio la Madonna sopra l’architrave della chiesa di S. Gerolamo nell’omonima via. Altre, se e quando potrò, le mostrerò appena possibile.
Sappiamo da numerose fonti che il culto mariano fu particolarmente diffuso a Lucca come in altri luoghi in Italia, dall’ordine degli Agostiniani.
Gli Agostiniani, gestori sin dal XII secolo della potentissima chiesa di San Frediano, strettamente legata al clero lateranense di Roma, furono i propagatori non solo del culto della Vergine Maria, ma anche di storie e leggende popolari ad essa legate. Fra tutte spicca la leggenda della Madonna del soccorso.
Si narra infatti che una madre (o un padre),nella campagna a nord di Lucca, stanchi delle bizze di un loro bambino lo ammonissero che se non si fosse calmato lo avrebbero dato al diavolo. Questi, senza indugio, si impossessò del bambino. A questo punto, la madre disperata per ciò che era accaduto, invocò l’intervento di Maria. La Vergine apparve brandendo un bastone con il quale scacciò infine il diavolo. La Leggenda ebbe tale diffusione in tutte le campagne toscane che molti sono i luoghi e sopratutto le chiese dove è possibile vedere raffigurazioni dello scorcio del quattrocento sino a tutto il cinquecento, di questo fatto.
Nella chiesa di Montecarlo di Lucca è infatti venerata l’immagine che vediamo per prima su questo blog. Come noto Montecarlo passo sullo scorcio della fine del ‘400 in mano fiorentina ed è forse per questa ragione che troviamo il dipinto della Madonna del soccorso opera di un maestro fiorentino con chiari influssi Lippeschi. Si noti a questo proposito la postura e le generose fattezze del volto del bambino che si accosta con delicatezza a Maria. Ricordo come altro esempio fiorentino del genere il dipinto in Santo Spirito a Firenze. Si potrebbe forse quindi pensare ad una propagazione di questa iconografia da le campagne appena conquistate alla città di Firenze.
Di diversa impostazione invece l’iconografia lucchese. Fa da immagine di riferimento l’affresco in San Frediano degli inizi del cinquecento (1509?) opera di Giuliano da Pisa, come prova il cartellino trovato nella ripulitura dopo il recente restauro. Anche se probabilmente posteriore ai dipinti “fiorentini”, sappiamo come detto, del culto lucchese come precedente a quello fiorentino. La raffigurazione vede sempre la Madonna con un bastone e il bambino impaurito che si accosta sfuggendo dal nero diavoletto che è presente sulla destra della raffigurazione. In questo caso però ciò che colpisce è lo scenario ampio caratterizzato in primo piano da una forzata prospettiva accentuata dal pavimento geometrico a scacchiera e l’ architettura classica circostante che, grazie agli archi sullo sfondo, inquadra un paesaggio nei dettagli quasi nordico d’oltralpe.
G.